Tutti saremo trasformati

Apr 9, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

1 Corinzi 15,51-58

Ecco, io vi annuncio un mistero: noi tutti non moriremo, ma tutti saremo trasformati, 52in un istante, in un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba. Essa infatti suonerà e i morti risorgeranno incorruttibili e noi saremo trasformati. 53È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta d’incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta d’immortalità. 54Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d’incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità, si compirà la parola della Scrittura: La morte è stata inghiottita nella vittoria. 55Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?
56Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la Legge. 57Siano rese grazie a Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo! 58Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, progredendo sempre più nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore.

Annunciare un mistero significa togliere il velo sul disegno di Dio e far vedere questo disegno. Non significa, però, farlo capire … razionalmente! Significa piuttosto aprirsi all’accoglienza e alla lode.

Seguiamo Paolo in questo non facile e complesso svelamento. Dice: non tutti moriremo (fisicamente), ma tutti subiremo un cambiamento. Quando il Signore Gesù ritornerà glorioso “i morti (quelli già morti fisicamente) risusciteranno incorruttibili e noi (che saremo fisicamente vivi … Paolo pensa di essere uno di quelli!) saremo trasformati”. Quindi, non tutti moriremo, ma tutti saremo trasformati, secondo la logica del seme (visto ieri): “E’ necessario, infatti, che ciò che è corruttibile sia rivestito di incorruttibilità e ciò che è mortale di immortalità”. Quando avverrà questo – continua Paolo – si adempirà questa Scrittura “La morte è stata inghiottita nella vittoria”.

Il seguito della citazione scritturistica (Osea e Isaia citati liberamente) dice così: “Dov’è, morte, la tua vittoria? Dov’è, morte, il tuo pungiglione?”. È molto bella questa conclusione, inaspettata ma opportuna. Diventa una feconda esortazione, alla fine di un discorso che poteva sembrare solo teologico intellettuale astrale … Sulla e nella nostra vita sta l’orizzonte della morte (spirituale e fisica). La morte ha un pungiglione, che è capacità di penetrazione attraverso il peccato. Il peccato, poi, si fa forte della Legge (che l’uomo trasgredisce … lasciandosi pungere dal peccato). L’uomo Cristo, però, ha vinto la morte con l’obbedienza (il pungiglione non lo ha punto col peccato), ha vinto totalmente con la risurrezione. E col dono del suo Spirito aiuta i credenti in lui, che sono nella lotta e nella fatica. “Siano rese grazie a Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo! Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, progredendo sempre più nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore”. La risurrezione del Signore e nostra, o meglio, l’accoglienza della predicazione della risurrezione toglie ogni inutilità, ogni non senso alla fatica del nostro vivere. Dunque, “amati fratelli, mantenetevi saldi, irremovibili” … aggrappati alla certezza della risurrezione. Dio ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo.

Come risorgono i morti?

Apr 8, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

1 Corinzi 15,35-50
35Ma qualcuno dirà: «Come risorgono i morti? Con quale corpo verranno?. 36Stolto! Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore. 37Quanto a ciò che semini, non semini il corpo che nascerà, ma un semplice chicco di grano o di altro genere. 38E Dio gli dà un corpo come ha stabilito, e a ciascun seme il proprio corpo. 39Non tutti i corpi sono uguali: altro è quello degli uomini e altro quello degli animali; altro quello degli uccelli e altro quello dei pesci. 40Vi sono corpi celesti e corpi terrestri, ma altro è lo splendore dei corpi celesti, altro quello dei corpi terrestri. 41Altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna e altro lo splendore delle stelle. Ogni stella infatti differisce da un’altra nello splendore. 42Così anche la risurrezione dei morti: è seminato nella corruzione, risorge nell’incorruttibilità; 43è seminato nella miseria, risorge nella gloria; è seminato nella debolezza, risorge nella potenza; 44è seminato corpo animale, risorge corpo spirituale.
Se c’è un corpo animale, vi è anche un corpo spirituale. Sta scritto infatti che 45il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l’ultimo Adamo divenne spirito datore di vita. 46Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale. 47Il primo uomo, tratto dalla terra, è fatto di terra; il secondo uomo viene dal cielo. 48Come è l’uomo terreno, così sono quelli di terra; e come è l’uomo celeste, così anche i celesti. 49E come eravamo simili all’uomo terreno, così saremo simili all’uomo celeste. 50Vi dico questo, o fratelli: carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che si corrompe può ereditare l’incorruttibilità.

Alcuni provocano: “Come risorgono i morti? Con quale corpo verranno?”. Questi “alcuni” probabilmente sono cristiani, debitori ancora alla cultura ellenica, che ammetteva l’immortalità dell’anima ma la distruzione del corpo: corpo inteso come carcere e nemico dell’anima. Paolo deve “difendere i corpi” e dare una nuova concezione dell’aldilà.

Come avverrà questo processo di continuità dell’identità della persona risorta (del suo corpo), e nello stesso tempo di trasformazione positiva delle sue condizioni di vita (ancora del suo corpo). Per immaginarlo e per aiutare i Corinzi a raffigurarselo, Paolo ricorre a tre paragoni terreni, forse già in uso nelle scuole rabbiniche dell’epoca: la similitudine del seme e della pianta (vv. 36-38), quella della carne umana e dei vari generi di carne animale (v. 39) e, infine, quella della luminosità dei corpi terrestri e di quelli astrali (vv. 40-41).

È indiscutibile che c’è continuità di identità in questi processi, ma ancor più   trasformazione passando attraverso la morte. Paolo prova a chiarire con queste frasi che cito integralmente: “Così anche la risurrezione dei morti: è seminato nella corruzione, risorge nell’incorruttibilità; è seminato ignobile e risuscita glorioso; è seminato nella debolezza, risorge nella potenza; è seminato corpo animale, risorge corpo spirituale. Se c’è un corpo animale, vi è anche un corpo spirituale. Sta scritto infatti che il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l’ultimo Adamo divenne spirito datore di vita. Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale. Il primo uomo, tratto dalla terra, è fatto di terra; il secondo uomo viene dal cielo. Come era il terreno, così sono anche quelli terreni; e come è l’uomo celeste, così anche i celesti. E come eravamo simili all’uomo terreno, così saremo simili all’uomo celeste”. Questa, poi, è la conclusione detta con “parole sue: “Vi dico questo, o fratelli: carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che si corrompe può ereditare l’incorruttibilità.” Non possiamo entrare nel regno di Dio celeste … così come siamo oggi: ci vuole la trasformazione (risurrezione) che avviene tramite la morte!

Alcuni tra voi dicono che non c’è risurrezione dei morti

Apr 7, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

1 Corinzi 15,12-34

12Ora, se si annuncia che Cristo è risorto dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non vi è risurrezione dei morti? 13Se non vi è risurrezione dei morti, neanche Cristo è risorto! 14Ma se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede. 15Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato il Cristo mentre di fatto non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono. 16Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; 17ma se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. 18Perciò anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. 19Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini.

20Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. 21Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. 22Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. 23Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. 24Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza. 25È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. 26L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte, 27perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi. Però, quando dice che ogni cosa è stata sottoposta, è chiaro che si deve eccettuare Colui che gli ha sottomesso ogni cosa. 28E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anch’egli, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti. 29Altrimenti, che cosa faranno quelli che si fanno battezzare per i morti? Se davvero i morti non risorgono, perché si fanno battezzare per loro? 30E perché noi ci esponiamo continuamente al pericolo? 31Ogni giorno io vado incontro alla morte, come è vero che voi, fratelli, siete il mio vanto in Cristo Gesù, nostro Signore! 32Se soltanto per ragioni umane io avessi combattuto a Èfeso contro le belve, a che mi gioverebbe? Se i morti non risorgono, mangiamo e beviamo, perché domani moriremo. 33Non lasciatevi ingannare: «Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi. 34Tornate in voi stessi, come è giusto, e non peccate! Alcuni infatti dimostrano di non conoscere Dio; ve lo dico a vostra vergogna.

Una grossa questione assillava i Corinzi che pure erano diventati discepoli di Gesù: c’è la risurrezione dei morti? Paolo fa un ragionamento tutto concatenato “a scatti composti”, partendo dalla ipotesi della negazione della risurrezione: “Se non vi è risurrezione dei morti, neanche Cristo è risorto! Ma se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede. Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato il Cristo mentre di fatto non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono.”

La predicazione apostolica non contiene un semplice o composito pacchetto di verità …  No, la predicazione porta la buona notizia di un fatto: Dio ha risuscitato l’umanità di Cristo, quindi, in Cristo è l’umanità tutta che è risuscitata. Allora, se io dico che i morti, che l’umanità morta e moritura non risorge, automaticamente rendo falso l’annuncio e annullo la risurrezione di Gesù. E poi, … se non c’è risurrezione, sorgerebbero altri problemi più grossi, esistenziali. Gesù è morto per i nostri peccati ed è risorto per la nostra salvezza: se lui non è risorto, allora noi siamo ancora nei peccati. E poi ancora … “Vana è la vostra fede”, cioè, avete creduto invano, vi siete affidati al vuoto: siete perduti, e con voi sono perduti anche quelli che sono morti prima di voi. E poi infine …“Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini”. Se tutta la nostra speranza è riposta in quello che ci può dare questa vita presente e passeggera, siamo messi proprio male, siamo rovinati!

“Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di quanti si sono addormentati.” Due affermazioni sono da cogliere: “Cristo è risorto”, ed è risorto quale “primizia”. Primizia vuol dire che non è risorto soltanto il suo spirito, ma l’umanità che era in lui, quindi, la nostra umanità e tutta l’umanità. L’umanità di Adamo ci ha trascinato nella morta, l’umanità di Cristo ci trascinerà nella vita. È scritto, appunto: “In Cristo tutti riceveranno la vita”.

Paolo parla di un ordine o turno: “Ognuno però al proprio turno: Cristo, la primizia; poi quelli che, alla venuta di Cristo, saranno suoi; e poi ci sarà la fine, quando egli riconsegnerà il regno a Dio Padre, avendo ridotto al nulla ogni dominio, ogni autorità e potenza”. Perché “Dio sia tutto in tutti” occorre che la morte (“ultimo nemico”) sia annullata. Di fatto, è stata annullata con la risurrezione di Gesù. Allora, “in Cristo tutti riceveranno la vita” e tutti saranno consegnati a Dio Padre: pienamente suoi e soltanto suoi (non di altri!) … “perché Dio sia tutto in tutti”.

Se non fosse così, che senso avrebbe battezzarsi per i morti! Se non c’è risurrezione, essi resteranno nella morte per sempre. Se i morti non risorgono, che senso ha rischiare e dare la vita per i fratelli (come sta facendo Paolo). È meglio mangiare e bere, tanto domani si muore! Ragionano così coloro che non hanno conosciuto Dio, il Dio della vita. Non date loro retta e “rinsavite”, dice Paolo.

Domenica 6 Aprile 2025 – V Quaresima – Anno C

Apr 6, 2025 | Postato da Francesca Ospitali - Accompagnamento quotidiano

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ANTIFONA DI INGRESSO

Fammi giustizia, o Dio,
difendi la mia causa contro gente spietata;
liberami dall’uomo perfido e perverso.
Tu sei il Dio della mia difesa. (Sal 42,1-2)

 

PRIMA LETTURA: Dal libro del Profeta Isaia (Is 43, 16-21)
Così dice il Signore,
che aprì una strada nel mare
e un sentiero in mezzo ad acque possenti,
che fece uscire carri e cavalli,
esercito ed eroi a un tempo;
essi giacciono morti, mai più si rialzeranno,
si spensero come un lucignolo, sono estinti:
«Non ricordate più le cose passate,
non pensate più alle cose antiche!
Ecco, io faccio una cosa nuova:
proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?
Aprirò anche nel deserto una strada,
immetterò fiumi nella steppa.
Mi glorificheranno le bestie selvatiche,
sciacalli e struzzi,
perché avrò fornito acqua al deserto,
fiumi alla steppa,
per dissetare il mio popolo, il mio eletto.
Il popolo che io ho plasmato per me
celebrerà le mie lodi».
Parola di Dio
Salmo Responsoriale: Sal 125

Grandi cose ha fatto il Signore per noi.

Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia.

Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia.

Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia.

Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni.

SECONDA LETTURA: Dalla Lettera di San Paolo Apostolo ai Filippesi (Fil 3,8-14)
Fratelli, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti.
Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù.
Parola di Dio

Gloria a Cristo, parola eterna del Dio vivente! Gloria a te, Signor!

Ritornate a me con tutto il cuore, dice il Signore,
perché io sono misericordioso e pietoso.

Gloria a Cristo, parola eterna del Dio vivente! Gloria a te, Signor!

VANGELO: Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 8,1-11)

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adultèrio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adultèrio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

Parola del Signore

 

Vi ricordo il Vangelo che vi ho annunciato

Apr 5, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

1 Corinzi 15,1-11

1 Vi proclamo poi, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi 2e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano!
3A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture
e che 4fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture
5e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici.

6In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. 7Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. 8Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. 9Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. 10Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me. 11Dunque, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto.

 

Paolo trasmette ai Corinzi molte tradizioni, discipline, consuetudini … e ci tiene che siano osservate. Ma sa bene distinguere le tradizioni dal Vangelo ricevuto e annunciato. Il Vangelo (Gesù Cristo Crocifisso) è “buona notizia”: va “annunciato” e poi “ricordato” nel senso di “proclamato” a tutti e sempre; va “custodito come lo si è ricevuto”, perché solo così è via di salvezza. [Paolo vuol dire che le tradizioni, abitudini, regole … si possono e a volte si devono cambiare, ma quanto al Vangelo si deve “stare saldi in esso: solo così si è salvati”]

Il Vangelo arriva a noi come memoria o rito ed è la Cena del Signore che abbiamo già incontrato. Ma, primaditutto, arriva a noi come predicazione: predicazione che ha come centro fecondo e originante il mistero pasquale di Cristo. Paolo esprime tale mistero con queste precise parole: “A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici”. Il mistero pasquale (morte per i nostri peccati, risurrezione e dono dello Spirito) non è un “accadimento” storico qualsiasi, ma un “adempimento” del disegno di Dio, disegno che troviamo nelle Sante Scritture. Quindi non è fatalità, ma salvezza dell’umanità già contenuta nel Disegno di Dio, nelle Scritture (è questo il senso dell’espressione “secondo le Scritture”).

La sottolineatura delle “apparizioni” è per dire la “verità della risurrezione” quanto al corpo di Gesù, ma per dire anche del dono dello Spirito e della Missione. Paolo (che si chiama “aborto e ultimo degli apostoli e non degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la chiesa di Dio”) di sé stesso dice: “Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non però io, ma la grazia di Dio che è in me.” Paolo trae alcune conclusioni da tutti questi dati: a) quello che sono (apostolo) lo sono per grazia e non per merito; b) comunione piena con gli apostoli quanto all’aver visto il risorto (“apparve anche a me”); c) comunione piena con gli apostoli nella predicazione del mistero pasquale (“sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto”).

 

Tutto avvenga dignitosamente e con ordine

Apr 4, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

1 Corinzi 14,26-40

26Che fare dunque, fratelli? Quando vi radunate, uno ha un salmo, un altro ha un insegnamento; uno ha una rivelazione, uno ha il dono delle lingue, un altro ha quello di interpretarle: tutto avvenga per l’edificazione. 27Quando si parla con il dono delle lingue, siano in due, o al massimo in tre, a parlare, uno alla volta, e vi sia uno che faccia da interprete. 28Se non vi è chi interpreta, ciascuno di loro taccia nell’assemblea e parli solo a se stesso e a Dio. 29I profeti parlino in due o tre e gli altri giudichino. 30Ma se poi uno dei presenti riceve una rivelazione, il primo taccia: 31uno alla volta, infatti, potete tutti profetare, perché tutti possano imparare ed essere esortati. 32Le ispirazioni dei profeti sono sottomesse ai profeti, 33perché Dio non è un Dio di disordine, ma di pace.
Come in tutte le comunità dei santi, 34le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare; stiano invece sottomesse, come dice anche la Legge. 35Se vogliono imparare qualche cosa, interroghino a casa i loro mariti, perché è sconveniente per una donna parlare in assemblea.
36Da voi, forse, è partita la parola di Dio? O è giunta soltanto a voi? 37Chi ritiene di essere profeta o dotato di doni dello Spirito, deve riconoscere che quanto vi scrivo è comando del Signore. 38Se qualcuno non lo riconosce, neppure lui viene riconosciuto. 39Dunque, fratelli miei, desiderate intensamente la profezia e, quanto al parlare con il dono delle lingue, non impeditelo. 40Tutto però avvenga decorosamente e con ordine.

“Che fare dunque, fratelli? Quando vi radunate…”. Paolo dà delle disposizioni circa la preghiera comune nell’assemblea . Ci viene da dire subito che queste assemblee assomigliano ben poco alle nostre assemblee: c’era tanta ricchezza di doni, ma … anche tanta confusione, come appare!

La cosa singolare è che, a una prima lettura, non si scorge un presbitero che guidi l’assemblea (cosa inaudita per noi che … non facciamo niente senza il prete!!).

Nell’assemblea di Corinto c’è grande partecipazione e diversità: “chi ha un salmo … chi un insegnamento … chi una rivelazione … chi il dono delle lingue … un altro quello di interpretarle”. Tanta libertà, ma anche una regola chiara: “Tutto avvenga per l’edificazione (in greco: economia)”.

Regole più pratiche. Chi parla con lingue (non più di due però!) lo faccia solo se c’è uno che le interpreta. I profeti parlino, ma accettino il discernimento (giudizio) di altri profeti. Resta però che “a uno a uno potete profetizzare tutti, perché tutti imparino e siano incoraggiati”. Avevamo già sentito che “la profezia edifica”: converte e fa crescere la comunità. Non tutti, dunque,  potranno “saltare su” e dire la loro a piacimento. C’è un ordine e anche una gerarchia di doni per impedire interventi di giudizio o di contestazione: “le ispirazioni dei profeti sono sottomesse (soltanto) ad altri profeti”. Conclude, e anche questa è cosa chiara: “(Dio) non è Dio del disordine, ma della pace”.

Un’ultima regola per le donne sposate, regola da rispettare sempre nella preghiera comune in assemblee che si richiamano (attraverso l’apostolato di Paolo) alla tradizione o disciplina delle Chiese dei santi, cioè, della Giudea. [In altri ambiti e in altri luoghi le donne in generale e anche le mogli avevano un campo molto aperto, soprattutto nel ruolo di missionarie e nell’ambito della educazione ecclesiale. Nel capitolo 16 della lettera ai Romani, Paolo ringrazia una quantità di donne “che hanno faticato per il Vangelo”; una addirittura la chiama “mia mamma”, un’altra è ritenuta “diaconessa” ecc.]

“Le donne tacciano” non vuol dire (secondo me): “stiano zitte”. Di fatto le donne possono avere tutti i doni, anche quello della profezia (più avanti si dirà che la donna quando profetizza deve tenere il capo coperto!). “Le mogli (è giusto tradurre: mogli) tacciano” vuol dire (sempre a mio parere): non rivendichino autorità sostituendosi o prevalendo sul marito nelle assemblee e in pubblico [In pubblico, la sposata non aveva autorità di parola] Prevalere o sostituirsi al marito è cosa che può avvenire quando la moglie, in pubblico, “interviene” con (troppe?) domande, e vuole “imparare” [Imparare è termine che (almeno in alcune culture specie nel sud) vuol dire “insegnare”]. Posso pensare anche che “tacere” (in quel contesto) significhi “non contestare”.

Comunque, Paolo si riferisce alla Legge mosaica (in ultima analisi a Gesù Signore) ed è in base a questa legge e alle tradizioni che nascono da essa che vuole siano risolte le questioni. Quando conclude: “Tutto però avvenga dignitosamente e con ordine” non si riferisce più alle donne sposate, ma ai carismi. Di fatto così esorta: “Dunque, fratelli miei, desiderate intensamente la profezia e non vietate di parlare in lingue”. Le regole hanno valore, ma cambiano secondo di tempi. L’importante è che non venga meno la dignità di tutti e quell’ordine, che vuol dire pace.

Desiderate intensamente i doni dello Spirito, soprattutto la profezia

Apr 3, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

1 Corinzi 14,1b-25

Desiderate intensamente i doni dello Spirito, soprattutto la profezia. 2Chi infatti parla con il dono delle lingue non parla agli uomini ma a Dio poiché, mentre dice per ispirazione cose misteriose, nessuno comprende. 3Chi profetizza, invece, parla agli uomini per loro edificazione, esortazione e conforto. 4Chi parla con il dono delle lingue edifica se stesso, chi profetizza edifica l’assemblea. 5Vorrei vedervi tutti parlare con il dono delle lingue, ma preferisco che abbiate il dono della profezia. In realtà colui che profetizza è più grande di colui che parla con il dono delle lingue, a meno che le interpreti, perché l’assemblea ne riceva edificazione.

6E ora, fratelli, supponiamo che io venga da voi parlando con il dono delle lingue. In che cosa potrei esservi utile, se non vi comunicassi una rivelazione o una conoscenza o una profezia o un insegnamento? 7Ad esempio: se gli oggetti inanimati che emettono un suono, come il flauto o la cetra, non producono i suoni distintamente, in che modo si potrà distinguere ciò che si suona col flauto da ciò che si suona con la cetra? 8E se la tromba emette un suono confuso, chi si preparerà alla battaglia? 9Così anche voi, se non pronunciate parole chiare con la lingua, come si potrà comprendere ciò che andate dicendo? Parlereste al vento! 10Chissà quante varietà di lingue vi sono nel mondo e nulla è senza un proprio linguaggio. 11Ma se non ne conosco il senso, per colui che mi parla sono uno straniero, e chi mi parla è uno straniero per me.
12Così anche voi, poiché desiderate i doni dello Spirito, cercate di averne in abbondanza, per l’edificazione della comunità. 13Perciò chi parla con il dono delle lingue, preghi di saperle interpretare. 14Quando infatti prego con il dono delle lingue, il mio spirito prega, ma la mia intelligenza rimane senza frutto. 15Che fare dunque? Pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l’intelligenza; canterò con lo spirito, ma canterò anche con l’intelligenza. 16Altrimenti, se tu dai lode a Dio soltanto con lo spirito, in che modo colui che sta fra i non iniziati potrebbe dire l’Amen al tuo ringraziamento, dal momento che non capisce quello che dici? 17Tu, certo, fai un bel ringraziamento, ma l’altro non viene edificato. 18Grazie a Dio, io parlo con il dono delle lingue più di tutti voi; 19ma in assemblea preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza per istruire anche gli altri, piuttosto che diecimila parole con il dono delle lingue.
20Fratelli, non comportatevi da bambini nei giudizi. Quanto a malizia, siate bambini, ma quanto a giudizi, comportatevi da uomini maturi. 21Sta scritto nella Legge: In altre lingue e con labbra di stranieri parlerò a questo popolo, ma neanche così mi ascolteranno, dice il Signore. 22Quindi le lingue non sono un segno per quelli che credono, ma per quelli che non credono, mentre la profezia non è per quelli che non credono, ma per quelli che credono. 23Quando si raduna tutta la comunità nello stesso luogo, se tutti parlano con il dono delle lingue e sopraggiunge qualche non iniziato o non credente, non dirà forse che siete pazzi? 24Se invece tutti profetizzano e sopraggiunge qualche non credente o non iniziato, verrà da tutti convinto del suo errore e da tutti giudicato, 25i segreti del suo cuore saranno manifestati e così, prostrandosi a terra, adorerà Dio, proclamando: Dio è veramente fra voi!

Quanto ai carismi (le azioni dello Spirito) Paolo aveva detto: “Desiderate ardentemente i carismi maggiori” (13,31), e ora dice: desiderate ardentemente la profezia. È chiaro che per Paolo la profezia ha un primato nel campo dei doni/carismi.

È proprio questo primato che appare evidenziato in una lunga trattazione che va dai versetti 2 al 25. Leggete con calma e vedrete la linea di Paolo espressa con molta chiarezza, attingendo anche dalla sua personale esperienza. [Va detto subito che la profezia non è divinazione o lettura del futuro, ma esortazione a seguire la volontà di Dio, volontà che si è manifestata prima nelle Scritture e poi in Cristo Gesù interprete delle Scritture, e infine trasmessa dalla comunità apostolica (i profeti). È un dono che è e dovrebbe essere sempre presente nella chiesa]

Per capire l’importanza della profezia/predicazione Paolo opera un confronto col dono delle lingue. Dice alcune cose che sintetizzano il lungo tratto, anche un pò confuso. A) Il parlare nelle lingue è un parlare a Dio e non agli uomini: lingua che l’uomo non comprende. B) La profezia invece parla agli uomini “per la loro edificazione, esortazione e conforto”. C) Chi parla in lingue edifica sé stesso, mentre il profeta edifica l’assemblea. D) Un caso personale (di Paolo) come esempio. Il parlare in lingue lascia le persone “estranee” le une alle altre: “per colui che mi parla sono un estraneo, e chi mi parla è un estraneo per me”. E) Paolo conclude con queste parole diventate famose, ma non sempre seguite nella Chiesa: “Grazie a Dio, io parlo con il dono delle lingue più di tutti voi; ma in assemblea preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza per istruire anche gli altri, piuttosto che diecimila parole con il dono delle lingue.” F) Come si può dire “Amen” a una preghiera che non capisci?

G) I versetti 20-25 vogliono mostrare la superiorità della profezia rispetto al parlare in lingue, nella vita della comunità (il testo è contorto e difficile). Potremmo dire che è un testo … missionario! Riferendosi a un testo di Isaia (liberamente citato nei particolari) Paolo ragiona così: come la lingua dei nemici stranieri era un segno per gli Israeliti increduli (ribelli), così il dono delle lingue è un segno per i non credenti (pagani che non hanno ancora creduto). I non credenti rimangono impressionati, ma non saranno sollecitati a credere in Cristo. La profezia, al contrario, è un segno per i credenti, nel senso che illumina la vita dei singoli fedeli e edifica la comunità cristiana che l’ascolta e la comprende.

“Che fare, dunque, fratelli?”. Alcune disposizioni di Paolo le vedremo domani.

Ecco, vi mostro la via per eccellenza

Apr 2, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

1 Corinzi 12,31b-14,1a

E allora, vi mostro la via più sublime. Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita.
2E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla.
3E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe.
4La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, 5non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, 6non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. 7Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
8La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. 9Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. 10Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. 11Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino.
12Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. 13Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità! Aspirate alla carità.

Dire che l’amore/carità (gr. agape) è un dono o carisma non è corretto, almeno dal punto di vista testuale letterale. L’amore è di genere diverso: è “via”, via in cui tutti possono camminare. E la via (vedi Atti 9,2) è semplicemente il cammino cristiano l’essere cristiani. L’essere cristiani, dunque, è via/cammino di quanti … amano perché amati. Un cammino lungo … nella fede e nella speranza: finirà, anzi si compirà solo al ritorno del Signore. Paolo sa tutto questo, ha penetrato in profondità questo “diamante” della vita cristiana. Sa anche come siamo fatti: fragili e così poco spirituali! … Ebbene, da buon catecheta espone e fa brillare tanti doni (sono i carismi), ma poi ci dice che cosa siamo, che cosa ci riduciamo ad essere … se non abbiamo l’amore.

Ecco la puntuale narrazione (qualcuno la chiama “inno”). Lingue degli uomini e degli angeli (dono parlante e assordante): senza l’amore mi riduco a “suono”, a bronzo che rimbomba e a cimbalo che strepita. Profezia che penetra i disegni di Dio, fede che, qui, significa preghiera che ottiene l’impossibile da Dio: senza l’amore, cosa sono? “Sono nulla!”. Assistenza, l’impegno fino a consumarmi: senza l’amore “non serve a niente (è come non avessi fatto niente)!

Ma, allora, che cos’è l’amore? Più che una definizione, Paolo preferisce una narrazione o, visto che ha scelto la parola “via”, preferisce disegnare una persona che va per la “via”, che cammina “in modo coerente alla via”. [Nella traduzione, come soggetto, uso la persona invece del sostantivo. Non si vuol dire l’essenza dell’amore, ma il modo col quale cammina … uno che ama]

Ecco, dunque la “via”, ed ecco come è e come deve essere “chi vi cammina”. Chi ama ha un cuore grande e generoso: magnanimo e benevolo. Chi ama non invidia: non si logora a vedere qualcosa di bello e di buono fuori di sé. Chi ama non si mette in mostra, e non conosce orgoglio. Chi ama non fa cose da doversi vergognare. Chi ama non pensa a sé stesso, al proprio interesse, indifferente a quello degli altri. Chi ama non si irrita, non tiene conto del male (ricevuto) e non si vendica. Chi ama non si mette dalla parte dei furbi, ma sta sulla retta via. Chi ama, in tutto e verso tutti è clemente, perdona. Chi ama, chiede a Dio l’impossibile nell’umiltà e nella preghiera. Chi ama è una persona forte e paziente: guarda avanti con fiducia. Chi ama è uno che sostiene persone e cose, invece di abbatterle … Una persona che fa così “non avrà fine”: cresce sempre e nulla andrà perduto di quello che ha fatto di bene. [Ci viene da pensare che questo sia il più bel ritratto esistenziale di Gesù Cristo. Lo speriamo tanto anche per noi: lo possiamo … con la forza di Cristo risorto, che è lo Spirito Santo]

I carismi e doni vari, invece, appartengono al genere delle “funzioni”: feconde e valide solo in/per questo mondo fragile e caduco, come fragile e caduca è la nostra bella infanzia! Mentre siamo in questo mondo (è il tempo dell’infanzia) … preghiamo perché il Signore ritorni presto, preghiamo perché faccia l’impossibile che è cambiare il mondo (senso che io do al dono della fede). Mentre siamo in questo mondo (infanzia) siamo perseveranti e forti nelle prove, certi che finiranno (senso che do alla speranza). Mentre siamo in questo mondo … amiamo (senso dato a carità).

“Ora, dunque, rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!”. “Più grande” in che senso? L’amore è una grandezza non fatta di pesi e volumi, ma di “presenza feconda”: là dove non c’è, tutto si fa apparenza e quindi fugacità; là dove c’è, tutto è trasformato, e quindi tutto rimane. Niente e nessuno è perduto!

“Aspirate alla carità”. Questo monito finale è meglio tradurlo in modo letterale, anche se non brillante: “Perseguite/inseguite l’amore”. C’è l’idea del seguire con decisione una strada [l’amore non era stato chiamato una via o strada?] La Traduzione letteraria ecumenica dice così: “Puntate all’amore”. Paolo ha mostrato l’amore come la via per eccellenza (13,31b), e ora dice: perseguite, andate avanti decisi per questa strada. Non si tratta di una “aspirazione” o di un desiderio soltanto, ma di un “comando” dato a tutti: perseguite, seguite decisamente l’amore.

Tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo

Apr 1, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

1 Corinzi 12,12-31a

12Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. 13Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito.
14E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. 15Se il piede dicesse: «Poiché non sono mano, non appartengo al corpo, non per questo non farebbe parte del corpo. 16E se l’orecchio dicesse: «Poiché non sono occhio, non appartengo al corpo, non per questo non farebbe parte del corpo. 17Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato? 18Ora, invece, Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto. 19Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? 20Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. 21Non può l’occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te; oppure la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi. 22Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie; 23e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza, 24mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, 25perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. 26Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui.

27Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. 28Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. 29Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? 30Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano? 31Desiderate invece intensamente i carismi più grandi.

 

Paolo sviluppa l’immagine del “corpo”. Noi siamo diventati un “solo corpo”, in virtù dello Spirito, nel battesimo. Il battesimo, poi, si esprime e si sviluppa sul piano operativo ecclesiale, a partire da due dati fondamentali: l’unità dei doni e la loro distribuzione. Quello che è “il corpo” sul piano somatico fisico, lo è “il Cristo” sul piano ecclesiale spirituale [Dicendo “il Cristo”, si intende “la Chiesa corpo di Cristo” e non il Gesù terreno di Nazaret]

“Molte membra, ma un corpo solo”: con questo, si richiama la verità e anche la necessità della unità dei doni. “Se tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo?”: qui si richiama la necessità della distribuzione di doni. “Se il piede dicesse: Poiché non sono mano, non appartengo al corpo”: necessità della appartenenza. “Non ho bisogno di te”: necessità dell’aiuto reciproco nell’amore o solidarietà. Ne deriva la necessità che: “le varie membra abbiano cura le une delle altre”. Tradotto concretamente: “Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui.”

“Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. L’espressione “secondo la sua parte” apre a Paolo la prospettiva di affermare un’armonia gerarchica tra i doni. Un’armonia che non crea disuguaglianze in tensione e nemmeno dignità ridimensionate. Tutti i doni sono importanti, anzi, i doni più nascosti debbono anche essere i più onorati. Ma dal punto di vista delle “funzioni” c’è un primato: viene prima o sta a fondamento ciò che è più legato alla Parola, al Vangelo e cioè a Gesù Cristo Crocifisso. Dio stesso ha creato questo “ordine”: apostoli (annunciatori del Vangelo), profeti (guide spirituali nella conduzione della storia), maestri (insegnanti, ma anche testimoni). Il dono di “governare” (che crea continui problemi nelle comunità!) è al penultimo posto dopo quello dell’assistenza, e prima della varietà delle lingue, che è … l’ultimo!

Chiediamo che la vita ecclesiale si ispiri sempre di più alla visione del “corpo”, e meno a quella della “società” o del “regno”.

“Desiderate i doni maggiori”. Paolo pensa ai doni generanti: quelli “reclamati” dal Vangelo, e quindi la profezia (come dirà più tardi).

Riguardo ai doni dello Spirito

Mar 31, 2025 | Postato da don Franco Govoni - Accompagnamento quotidiano

1 Corinzi 12,1-11

1 Riguardo ai doni dello Spirito, fratelli, non voglio lasciarvi nell’ignoranza. 2Voi sapete infatti che, quando eravate pagani, vi lasciavate trascinare senza alcun controllo verso gli idoli muti. 3Perciò io vi dichiaro: nessuno che parli sotto l’azione dello Spirito di Dio può dire: «Gesù è anàtema!; e nessuno può dire: «Gesù è Signore!, se non sotto l’azione dello Spirito Santo.
4Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; 5vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; 6vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. 7A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: 8a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; 9a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; 10a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue. 11Ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole.
 

 

Altra questione posta a Paolo. [A un mio conto approssimativo è la settima!] La domanda (“e riguardo ai doni dello Spirito?”) richiama ai Corinzi un’esperienza in parte disordinata (riguardo appunto ai doni) già fatta prima di divenire cristiani.

Tutte le culture e tutte le religioni fanno esperienza di “invasioni del divino” nella storia pubblica e personale. Queste “invasioni” hanno nomi diversi, in genere si parla di “ispirazioni”. Paolo le chiama “doni dello Spirito” (greco: carismi).

Proprio per questo si passa subito a un confronto tra un mondo cristiano e un mondo “altro”, qui detto “pagano”. Ci sono forze che l’uomo non può controllare, e che portano “verso gli idoli muti”. Cioè verso forze sovrumane che non hanno parole (sono idoli muti): idoli che non hanno disegni, cammini di vita e di guida per l’uomo, creano soltanto schiavitù e disordine sociale e morale. È un’esperienza dura! Chi invece sta sotto l’azione dello Spirito conosce e può dire/proclamare la parola/persona che salva: “Gesù è Signore”. [Ricordiamo sempre che “Signore” è Cristo crocifisso]

Il discepolo ha detto “Gesù è Signore” nel battesimo, e lo ripete continuamente nella professione di fede domenicale. Questo dono fondamentale e fondante è dato a tutti, in quanto lo Spirito è dato a tutti coloro che credono che Gesù è Signore.

“Ci sono poi diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito”. Forse sarebbe meglio tradurre: “ci sono distribuzioni di carismi”. La diversità (cosa sempre molto bella) fa pensare più a frammentarietà, mentre la distribuzione suppone un tutto (Spirito) che viene partecipato, diviso in tante parti, ma sempre originato e poi orientato al tutto (Spirito). “Ci sono distribuzioni di ministeri (gr. diaconie) ma uno solo è il Signore (Gesù che si è fatto servo/diacono)”. “Ci sono distribuzioni di attività (gr. energeia) ma uno solo è Dio”. Paolo commenta così questa “trinità”: è Dio che “opera tutto in tutti”. [Grande richiamo all’unità, ma anche all’umiltà]

“A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune”. Quel “ciascuno” sembra voler dire … tutti! Però, a ciascuno (tutti) non è dato … tutto. A ciascuno è data una “manifestazione particolare” che, però, riporta al tutto, nel senso del “bene di tutti” o bene comune. [Notiamo questo ripetersi: a un altro, a un altro ecc. dove appare bene il carattere della “distribuzione”] Paolo scende nei particolari e porta qualche esempio o manifestazione (in altre lettere ci sono altri esempi)

Alcuni doni/carismi. Capacità di parlare con sapienza, cioè di comunicare agli altri la Sapienza di Dio rivelata definitivamente da Cristo crocifisso. Parlare con conoscenza, cioè avere il dono del discernimento nelle situazioni pratiche (vedi carni immolate agli idoli).  Avere la fede, quella che permette a Dio di operare l’impossibile. Il dono di compiere guarigioni, nel campo delle malattie corporali, psichiche e morali. Dono di compiere miracoli, (gr. energie di potenze) cioè atti di potenza. Dono di profezia, cioè conoscere e comunicare le cose come le vede Dio. Dono del discernimento degli spiriti, vedere cioè se vengono da Dio o dal demonio. Capacità di parlare vari generi di lingue, cioè una preghiera incomprensibile nelle parole e capacità di interpretare le lingue, cioè svelare il contenuto della preghiera.

Importante è l’affermazione finale: “Ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole”. Lo Spirito è il soggetto di tutto (e non il singolo). È lo Spirito che distribuisce i doni e non la chiesa, che ha potere solo di riconoscere i doni. Lo Spirito distribuisce come vuole (cioè come vuole Dio, operatore di tutto).