Ho placato l’anima mia

131

1 Canto delle salite. Di Davide

Signore, non si esalta il mio cuore
né i miei occhi guardano in alto;
non vado cercando cose grandi
né meraviglie più alte di me.

2 Io invece resto quieto e sereno:
come un bimbo svezzato in braccio a sua madre,
come un bimbo svezzato è in me l’anima mia.

3 Israele attenda il Signore,
da ora e per sempre
.

Cuore e occhi non sono soltanto organi del nostro corpo. “Cuore” indica l’intendere/decidere e quindi il volere; “occhi” indica il desiderare e quindi il possedere.

Dice quest’uomo, che io penso vecchio maturo: nella mia vita ho evitato la superbia del cuore (volere … altro e oltre) e la superbia degli occhi (desiderare e possedere … altro e oltre).

No, ho lottato contro questi voleri e desideri, e li ho placati. La vita è sempre lotta per placare il nostro orgoglio che si manifesta in tante direzioni! Pertanto, mi sono fatto piccolo, mi sono fatto quello che sono … nient’altro che terra (humus-umile). Sono diventato come (traduco letteralmente) “un bambino svezzato su (spalle?) sua madre”. Dunque, un bimbo già grandino portato in spalla dalla madre, un bimbo svezzato, slattato, ma anche … un po’ irrequieto e capriccioso! [Qualcuno pensa che il salmo sia preghiera di una mamma che è andata al tempio col proprio bimbo in spalla, e questo diventa un’icona]

A questo uomo diventato bimbo (dopo e dentro tante lotte contro l’orgoglio) è chiesto, come a tutto Israele (vedi ieri) di sperare, che vuol dire fidarsi di un Dio/mamma che ti porta.